La foto di copertina rappresenta un sentiero illuminato da una stella cometa in una notte buia

“Nella notte orientati dalla Luce” 

Luce e Amore Anno LXXII - N.4 Ottobre/Dicembre 2022
Pubblicazione trimestrale del Movimento Apostolico Ciechi

“In una comunità inclusiva ciascuno
percorre un proprio cammino di
conversione. Riconoscendo i propri
limiti e fragilità, si è portati a
camminare a fianco degli altri senza
sentirsi superiori, inferiori o diversi,
ma fratelli e compagni di viaggio.” 

(Dal documento “La Chiesa è la nostra casa”
curato dal Dicastero della Santa Sede
per i Laici, la Famiglia e la Vita)

 

 

 

SOMMARIO

◼︎EDITORIALE

- Orientarsi nella notte.
di Francesco Scelzo 

◼︎LA PAROLA E LA VITA

- Un nuovo Natale per lavorare insieme a Gesù, prima pietra dei nostri cantieri.
di don Alfonso Giorgio

◼︎InFORMAZIONE e ...

- Un popolo in cammino per dare un’anima all’economia.
di Maria Gaglione 

- Festival della Missione, per riprendere fiato, per dare voce …
di Francesca Di Maolo

- La missione dei crocicchi e delle piazze.
di Antonella Del Grosso

- Cammino comune delle Chiese e processo di pacificazione in Ucraina.
di Ferruccio Ferrante

- Ucraina. Crisi umanitaria e filoni di intervento.

- Cristiani per le pace 

◼︎SPECIALE - Il Sinodo dei Vescovi 2022 - 2023

- Il Sinodo dei Vescovi. Istituzione e definizione

- Le tematiche delle assemblee sinodali

- Le tematiche del cammino sinodale

- Il Cammino sinodale della Chiesa italiana
di Erio Castellucci

- Ascoltarsi per dire qualcosa alla Chiesa e sulla Chiesa
di Lucia Capuzzi

Di ascolto in ascolto, i cantieri di Betania di Chiara Griffini

- Identità e missione della Chiesa di Lodi: una riflessione al femminile
di Katiuscia Betti

- Un punto di vista differente
di Vittorio Scelzo

◼︎PROMOZIONE SOCIALE IN ITALIA

- 27a sessione del Comitato sui diritti delle persone con disabilità
di Giampiero Griffo

- Terzo Settore: equivoci e opportunità
di Francesco Scelzo

◼︎COOPERAZIONE TRA POPOLI E PROGETTI 

- MAC sempre più verso un lavoro in rete
di Violetta De Filippo

- Chiedono solo di poter studiare!
di Flavio Fogarolo

- Educational Support per i profughi di guerra a Damour
di Pamela Speranza

◼︎RACCONTI DAL TERRITORIO

- Sesto Calende: il MAC incontra il Centro Studi Angelo dell’Acqua 
di Cristina De Bernardi

-Assisi – consegnato il Premio Munoz  
di Marco Naticchi

- Modena – in memoria di Ida
di Maria Vittoria Testa

Editoriale

di Francesco Scelzo 

Orientarsi nella notte

editoriale luce e amore 4 2022, Immagine L’infanzia di Cristo, Gerrit van Honthorst,1620 circa, Hermitage, San Pietroburgo

È Natale.
La solenne celebrazione cristiana che ricorda la nascita a Betlemme di Gesù, figlio di Giuseppe e Maria che vivono a Nazareth e che si sono recati in Giudea per il censimento indetto dall’imperatore, è un momento di riflessione per ogni uomo; è ancora un evento comunitario. Conserva ancora significati universalmente condivisi e profondi, espressi dai simboli dell’andare insieme, della luce e soprattutto della notte, simboli universali di significato per tutti gli uomini, per la condizione di ogni uomo. Le città si vestono a festa scegliendo giochi di luci e artistiche luminarie; le persone e le famiglie vivono la festa come un momento di incontro e di gioia comunitaria benché le forme siano molteplici e differenti. Tutto ciò perché accade? Perché accade ancora mentre la motivazione spirituale e religiosa sembra affievolita? Perché il presepe e l'albero rimangono segni suggestivi anche in questo tempo?

L’uomo fa esperienza della propria condizione di limite e di finitudine e contestualmente fa esperienza della possibilità di essere e di andare oltre questa sua propria condizione; l’uomo è libero, capace di costruire la storia, ma fa esperienza inevitabile di fallimenti, sia come singolo sia come popolo o come comunità. Mai, negli ultimi tempi, come negli ultimi trenta mesi, l’uomo ha sperimentato il limite e la frustrazione: un piccolo virus è sembrato capace di distruggere l’umanità; strane ragioni hanno spinto un uomo ad avviare in Europa una guerra incredibile, provocando distruzione e morte per tutti senza alcun significato. Mentre nel mondo si raggiunge la popolazione di 8 miliardi, sperimentiamo tensioni incomprensibili tra popoli e Stati; la migrazione dei popoli diventa sempre più ampia ed appare sempre più una questione difficile da governare: la paura sollecita l’erezione di muri e di steccati. L’economia e la politica non sembrano curare il bene comune ma l’interesse di pochi che diventano sempre più ricchi a danno di molti sempre più poveri. Ci sono nel mondo pochissime persone che posseggono incomprensibili quantità di beni mentre la gran parte vive in condizione di povertà estrema, migra a motivo di guerre e conflitti incomprensibili, abbandona beni e affetti.

In questo contesto i simboli che ricordano la nascita di Gesù conservano con forza tutto il loro significato: la notte si apre al giorno, la luce illumina i passi nella notte e gli uomini si muovono insieme verso una meta. I pastori, un gruppo sociale del tempo, forse il gruppo sociale che rappresentava l’umanità di allora, si muovono per andare verso una grotta, una stalla, un locale di fortuna dove hanno trovato ricovero Maria e Giuseppe e dove nasce un bambino; un gruppo di saggi, tre re Magi, in rappresentanza del mondo di allora, si mettono in cammino insieme seguendo una stella che appare all’orizzonte e indica un percorso; nella notte accade l’evento della nascita e si accende una luce, forse un piccolo fuoco per riscaldare; nella notte si alza nel cielo una stella per orientare il cammino. La luce orienta i passi dei pastori, i passi dei Magi, i passi di ogni uomo che cammina nella notte.

Al tempo della nascita di Gesù e per il popolo ebraico, la notte è la prima fase della giornata che iniziava con il vespro, con il tramonto. La tradizione ebraica considera la notte l’inizio di un nuovo giorno, la transizione dall’oscurità alla luce.

Questa transizione è un movimento che evoca lo sviluppo, il camminare, l’aprirsi alla novità, all’alba, a un nuovo giorno, a un nuovo anno, a una nuova vita. Celebrare il Natale è celebrare questo sviluppo, questo andare verso la vita attraversando la notte; è il paradigma della vita umana, dell’esistere. I Misteri della fede cristiana sono significati dalla notte: la notte di Natale, la notte del Getsemani, la notte della Resurrezione. I Misteri cristiani sono rivelazione e svelamento dei misteri dell’uomo: l’esistenza umana è una transizione dall’oscurità alla luce, un camminare nella notte orientati da uno spiraglio di luce, da una lampada che illumina i passi, da una stella che orienta il cammino.

La notte del Getsemani, presentata dall’autore Recalcati come “la notte dell’uomo” e La notte, di Elie Wiesel, capolavoro che racconta l’esperienza del campo di sterminio di un ragazzo impotente accanto al padre che si indebolisce e muore sotto i colpi delle percosse, sono due libri che raccontano la condizione umana, della sua esistenza, del suo essere nella notte aperta all’alba del nuovo giorno. Wiesel, in particolare, la racconta come un’esperienza drammatica, come “tragico evento”. Egli scrive: “Voglio far vedere la fine, la finalità del tragico evento. Ogni cosa va verso la fine – l’uomo, la storia, la letteratura, la religione, Dio. Non c’è più nulla. Eppure noi ricominceremo con la notte”.

È vero; l’esistenza umana è un tragico evento, eppure noi ricominceremo con la notte come scrive lo stesso Wiesel. Fare festa per ricordare la nascita di Gesù, per celebrare l’avvento di un nuovo anno, è raccontare questa condizione umana: cominciare e ricominciare dalla notte. L’uomo, avvolto dalla notte, troverà sempre una luce per orientarsi, per andare verso la meta, per andare oltre.

 

 

LA PAROLA E LA VITA

Un nuovo Natale per lavorare insieme a Gesù, prima pietra dei nostri cantieri.

di don Alfonso Giorgio

immagine

Tutta la Chiesa da sempre è in cammino. Non è quindi una novità il fatto che specialmente in questo tempo particolare -dopo le restrizioni dovute alla diffusione del Covid 19 -si riscopra la gioia di ritrovarsi, incontrarsi e confrontarsi. Tra l’altro è noto a tutti il fatto che come Chiesa siamo coinvolti più approfonditamente in un percorso di sinodalità universale. È come se volessimo, un po’ tutti, sollecitati da Papa Francesco, riappropriarci di quello che già siamo realmente: fraternità universale generata e alimentata dalla Grazia di Cristo che vede tutti chiamati ad evangelizzare.

Stiamo attuando, forse senza rendercene conto, una vera e propria conversione pastorale e missionaria secondo il cuore del Vangelo, soprattutto alla luce della forma basilare della sinodalità, ritratta nella metafora ecclesiologica di una “Chiesa in uscita” per cui tutta la Chiesa è una comunità evangelizzatrice, cioè una comunità di discepoli-missionari. È la vocazione sinodale del popolo di Dio e tutto ciò è indicato con accuratezza in quella esortazione apostolica che si pensava destinata a restare sulla carta: l’Evangelii Gaudium.

In un anno, i nostri pastori ci hanno coinvolto in modo quasi capillare in dinamiche di ascolto e accoglienza reciproca dentro e fuori le mura delle nostre realtà ecclesiali. Ora, a partire da quest’anno, ci viene proposto di entrare in una dinamica pastorale nuova chiamata “cantiere”. Si tratta di un termine singolare che percome ha affermato il Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI, nell’introduzione – “è frutto della sinodalità” e “nasce dalla consultazione del popolo di Dio, svoltasi nel primo anno di ascolto (la fase narrativa), strumento di riferimento per il prosieguo del cammino che intende coinvolgere anche coloro che ne sono finora restati ai margini”. Si tratta di “una grande opportunità per aprirsi ai tanti ‘mondi’ che guardano con curiosità, attenzione e speranza al Vangelo di Gesù”.

L’icona biblica che ci viene proposta dal Comitato nazionale fa riferimento all’incontro di Gesù con Marta e Maria, nella casa di Betania, e presenta tre cantieri: quello della strada e del villaggio, quello dell’ospitalità e della casa e quello delle diaconie e della formazione spirituale. Questi cantieri potranno essere adattati liberamente a ciascuna realtà, scegliendo quanti e quali proporre nei diversi territori. A questi, ogni Chiesa locale ed ogni realtà ecclesiale potrà aggiungerne un quarto che valorizzi una priorità risultante dalla propria sintesi diocesana o dal Sinodo che sta celebrando o ha concluso da poco.

Siamo quindi in cantiere. È un’immagine bella che dice continuità, costruzione nuova o rinnovamento delle vecchie strutture. Ma quello che più ci rincuora è che l'immagine del cantiere ci immette in una dimensione di fatica continua ed impegno sinergico, dove tutti sono coinvolti anche se con mansioni e responsabilità diverse; tutti corresponsabili.

Il cantiere prevede materiali e strutture idonee alla costruzione dell'opera. A questo scopo tutti possono contribuire con il proprio ingegno e la propria disponibilità. In questo senso il primo, per così dire, a mettere la “prima pietra” in questo cantiere, senza dubbio, è Gesù; con la Sua venuta sulla terra ci ha donato se stesso, sin dal primo momento, attraverso le braccia materne di Maria e la custodia di Giuseppe. È lui la prima pietra, anzi la “pietra angolare”, di cui Egli stesso ci ha parlato. Ci rasserena quindi il fatto che nessuno può sentirsi escluso da questo “cantiere Infinito”. Grazie a quel bambino nato a Betlemme persino le “pietre di scarto”, i poveri, i reietti e gli esclusi della terra, - cosi come l’amato servo di Dio don Tonino Bello soleva chiamarli - saranno poste al centro, anzi a fondamento del nostro cammino sinodale. Infatti è il mistero del Natale del Figlio di Dio, diventato ‘Figlio dell’uomo’, la ragione dell’accoglienza degli esclusi è il fondamento di una Chiesa sinodale, popolo di figli nel Figlio e, di conseguenza, popolo di fratelli e sorelle, che camminano insieme percorrendo la stessa strada verso la stessa meta. Del resto il Natale, da un punto di vista spirituale, evangelico – che è poi l‘unico modo per viverlo con autenticità -non è una festa che tiene i partecipanti fermi nei loro focolari o davanti ad un monitor per attivare relazioni di tipo solo virtuale, ma un evento che ogni anno viene ricordato e celebrato proprio per capirne in profondità il senso proprio che è fondamentalmente un invito al cammino e l’innesco di un vero e proprio processo di conversione e di accoglienza del Verbo di Dio che unisce i cuori e li invita all’ascolto e alla reciproca accoglienza.

Il racconto evangelico ci ricorda che i pastori andarono insieme alla grotta di Betlemme; i Magi andarono insieme dopo un lungo cammino vissuto insieme; persino gli angeli, dal cielo, andarono alla grotta insieme. Non vi è dubbio, quindi, sul fatto che la venuta di Gesù sulla terra ci ricorda che noi non siamo, per così dire, delle “monadi” che gravitano nello spazio per proprio conto, ma figli di Dio e fratelli e sorelle in Cristo che camminano insieme agli altri, nella gioia dell’incontro fraterno, nella condivisione e nell’ascolto reciproco.

Va detto anche che due anni di pandemia, così come afferma Papa Francesco, così come afferma Papa Francesco, hanno tolto il trucco” su tante situazioni che già risultavano molto compromesse e, con l’isolamento causato dalla diffusione del virus, hanno raggiunto livelli molto preoccupanti. Una di queste “situazioni” esasperate è proprio la “relazione” compromessa da una forte tendenza all’individualismo e all’egoismo. In questo contesto, difficile ma non per questo immodificabile, noi cristiani, che sin dalle origini siamo stati denominati come ‘quelli della via’ (cfr. At 9, 2) - a partire dalla contemplazione e celebrazione del Mistero del Natale - siamo chiamati a metterci in cammino con uno stile sinodale che ci veda tutti impegnati ad attuare il metodo di Dio che nella logica dell’incarnazione è venuto sulla terra ad immedesimarsi nelle gioie e nei dolori degli uomini e delle donne di tutti i tempi, fino a prendere su di sé il carico dell’umanità, specialmente la più abbandonata e povera del mondo.

Tocca a noi adesso, con uno stile pastorale nuovo, fondato principalmente sull’affascinante metodo della corresponsabilità, metterci in ascolto delle domande, degli affanni, delle sfide e dei cambiamenti che il mondo ci mette davanti, con un’attenzione concreta ai più piccoli, agli ultimi, a coloro che non riescono più a camminare o che non hanno mai camminato. Noi saremo – da veri cristiani - quella spalla pronta a sostenere; saremo quella mano che accarezza e consola; saremo il volto che sorride e rincuora; saremo il cuore che ama come Gesù ama noi indistintamente e infinitamente.

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