Movimento Apostolico Ciechi

In copertina l'uomo raggiunge vette eccelse attraverso il dialogo con Dio

“L’uomo in dialogo con Dio” 

Luce e Amore Anno LXXIV - N. 1 Gennaio/Marzo 2024
Pubblicazione trimestrale del Movimento Apostolico Ciechi

 

Quando noi sentiamo nel nostro cuore  

“Vorrei essere più buono... sono pentito di  

quello che ho fatto” è proprio il Signore 

che bussa. Ti fa sentire questo: la voglia di 

essere migliore, la voglia di rimanere più , 

vicino agli altri, a Dio. Se tu senti questo,

fermati. Il Signore è lì. »

Papa Francesco

(Angelus 21 dicembre 2014)

 

 

SOMMARIO

◼︎EDITORIALE

- Dialogo con l’Altro che è in noi
di Francesco Scelzo 

◼︎LA PAROLA E LA VITA

- Un atto di amore che fa bene al corpo e allo spirito.
di don Alfonso Giorgio

◼︎InFORMAZIONE e ...

- Attraverso il deserto, Dio ci guida alla libertà
di Andrea La Regina

- La persona con disabilità ci obbliga a interrogarci sul mistero dell’uomo - Intervista a don Paolo Braida
di Katiuscia Betti

- Divine creature
di Margherita Merlini

- La figura di Maria nella Chiesa tra devozione e dogmi
di Katiuscia Betti

◼︎SPECIALE - Giornate Nazionali della Condivisione 2023 “Da 95 anni pellegrini e testimoni di speranza”

- Il programma delle Giornate

- Da 95 anni pellegrini e testimoni di speranza
di Michela De Rosa

- Testimoni in Cammino
di Maria Giovanna Rossi

- Un cammino di dialogo nella Chiesa e con il Mondo
di Tillo Nocera

- Una realtà di speranza per le persone con pluriminorazione psicosensoriale
di Francesco Scelzo

- Un incontro sorprendente
di Edda Calligaris

- Le Giornate nel racconto di un ragazzo alla prima esperienza
di Leonardo Demontis

- Una testimonianza dalla Tanzania
di Violetta De Filippo

◼︎COOPERAZIONE TRA POPOLI E PROGETTI

- Un viaggio in Togo e Benin
di Violetta De Filippo

◼︎PROMOZIONE SOCIALE IN ITALIA

- Mediatore di inclusione sociale di Caterina De Luisi e Annamaria Canonico

- Inclusione scolastica
di Salvatore Nocera

- Vademecum per una Pastorale senza Barriere 
di Anna Laura Gastaldi

- Con la Chiesa presenti nei territori - Riflessioni sul tema dell’anno del MAC
di Luigi Saccoman

◼︎RACCONTI DAL TERRITORIO

-Venezia – Il gruppo MAC in pellegrinaggio alla Madonna della Salute di Luigi Saccoman

-Vizzini – Il gruppo di Caltagirone incontra altre realtà Rosanna Lentini

-Bergamo – Uno stand promozionale per la raccolta fondi di Margherita Marlini

-Venezia – I gruppi del Triveneto celebrano Santa Lucia di Luigi Saccoman

-Treviso – Un incontro per celebrare Santa Lucia e per fare un bilancio di Ottorino Carotta

-Bergamo – Il gruppo MAC alla mostra Divine Creature di Margherita Marlini

Editoriale

di Francesco Scelzo 

Dialogo con l’Altro che è in noi

Esistono uomini atei? Esistono uomini non credenti? Chi sono? È pensabile un uomo senza Dio? A queste domande spesso ne seguono altre, ne sono seguite altre anche nella storia del pensiero occidentale: esiste Dio? Ci sono prove dell’esistenza di Dio? Chi è Dio? Cosa significa pregare? Cos’è la preghiera, il dialogo con Dio? In questo nostro tempo, in cui soffiano venti di guerra, di discriminazione sociale, in cui si agita molto spesso un linguaggio di lotta, di guerra, di sopraffazione, in cui la distanza tra ricchi e poveri è sempre più ampia e la fruizione delle risorse della terra è sempre più squilibrata tra pochi ricchi e molti poveri, poveri sempre più in crescita e sempre più poveri cosa significa pregare? Cosa significa pregare per la pace? Cosa significa pregare per la giustizia sociale, per la conversione degli uomini e dei responsabili delle Nazioni? Qual è il senso dell’instancabile incoraggiamento di papa Francesco, che ogni domenica invita i credenti a pregare per la pace? È questa una domanda a cui, a volte, è difficile dare un senso; sembra che non vi sia nessuna relazione tra la preghiera, tra la recita del rosario, tra la partecipazione alla Celebrazione Eucaristica e la vita reale delle persone e dei popoli; sembra che non vi sia nessun effetto per le terre in cui si combattono le numerose guerre, e tra esse le più note e le più vicine a noi, tra Russia e Ucraina, tra palestinesi e Israele, che ricorrono ogni domenica nel saluto del Papa ai convenuti in piazza San Pietro e a tutti coloro che si collegano tramite i media.

Ci chiediamo: qualcuno prega? I credenti delle diverse religioni - cristiani, musulmani, ebrei, induisti, buddisti, taoisti - pregano? L’uomo prega? Pregare è rivolgersi ad un altro per chiedere e per ascoltare la risposta, è un dialogo con l’altro. L’Altro, tuttavia, non è una realtà lontana; nella Bibbia e per i cristiani, pur Trascendente cammina “con noi”, è l’Emanuele, l’uomo è la Sua immagine; ogni altro, verso cui ciascun uomo tende, è sempre in noi. Pregare è un atto laico, umano, di ogni uomo in quanto membro dell’umanità; è un atto di meditazione, di riflessione, di contemplazione; è una “statio”, come si diceva un tempo, una sosta per interrogarsi, per riflettere sul proprio agire, sul proprio vivere, per confrontarsi con l’altro che è in noi. Per una comunità di Fede, per l’uomo credente pregare significa entrare in dialogo con il Dio in cui crede, entrare in dialogo con l’Altro. La relazione uomo-Dio, uomo-Altro è la questione centrale che pongono tutte le domande fin qui poste. Fondamentale e prioritaria è la risposta alla domanda sull’uomo; nessun uomo può essere, o è, non credente, ateo. L’uomo è relazione, cioè polo che tende ad entrare in collegamento con qualcos’altro, con la natura, con un altro uomo, con un’altra donna e, soprattutto, con qualcos’altro che è oltre, che è l’orizzonte che diviene la molla del suo andare, del suo camminare, del suo ricercare. Ogni uomo, tutti gli uomini vivono in quanto sono protesi verso l’altro e, più spesso, verso l’oltre e anche, per alcuni, verso l’Altro. Tutti gli uomini hanno iscritto dentro di sé “l’altro” con cui, sempre, sono in dialogo, con cui “pregano”. Le più recenti correnti di pensiero che si definiscono classicamente atee, come l’illuminismo, l’idealismo, il marxismo, il positivismo, in realtà hanno una diversa concezione del dio in cui credono, al pari delle diverse religioni. I musulmani pregano Allah, i cristiani pregano Dio uno e trino, gli ebrei Jahweh, le numerose religioni animiste fanno riferimento ed entrano in dialogo con i diversi “spiriti”, i taoisti tendono all’Infinito, gli induisti, oltre al loro dio, credono Immagine: Preghiera anche alla reincarnazione e alla legge universale di causa-effetto, per i buddisti dio è l’eternità della vita, una vita che si ripete; l’illuminismo ha creduto di sostituire Dio con la dea “ragione” o anche con la volontà sociale universale, l’idealismo ha prodotto ciò che noi individuiamo come destra e come sinistra, la prima credente di uno “spirito assoluto”, dialettico che muove e giustifica il ciclo dell’eterno ritorno, la seconda ha grande fede nel materialismo dialettico, che con il marxismo diventa anche materialismo storico, mentre il positivismo ha grande fede nella scienza e nella tecnica, che risolveranno tutti i problemi dell’uomo e, divenendo pragmatismo, esalterà il fare, il produrre, il successo e tutto ciò che significano. Il pensiero contemporaneo, la post-modernità produrrà, a partire dagli anni ’60, un dio che pervade subdolamente l’intera umanità del nostro tempo, che è diventato come un anestetico: l’indifferenza, una vera religione del privo di senso, dell’assenza di significato, che è il colpo più duro alla relazione, al legame; l’uomo diventa una monade incomunicante, inaccessibile in un mondo frammentato. Anche quest’uomo, tuttavia, ha una sua fede in un dio: l’io; l’uomo approda al soggettivismo narcisistico e all’individualismo del nostro tempo. Ogni uomo è in dialogo con l’Altro che è in lui, tende all’oltre; uomo e altro sono intimamente connessi, così come leggiamo nella costituzione “Dei Verbum” della rivelazione che avviene attraverso fatti e parole intimamente connessi. Non esiste un uomo senza Dio, non esistono uomini atei. Tutti gli uomini pensatori, i filosofi, si sono confrontati con questo tema; sempre, nella storia del pensiero, ci si confronta con la questione fede e ragione, umanità e divinità. Religioni e filosofia provano a dare una risposta a questa questione antropologica, che rimane sempre una questione aperta in forza della realtà umana dell’essere libertà, apertura, tensione. Umanità e divinità sono intimamente connesse Immagine: Preghiera comunitaria e ciascun uomo, ciascuna corrente di pensiero, ciascuna religione prova a declinare questa relazione in modo diverso, ma nessuna la può negare. Pregare significa, perciò, riscoprire, far riemergere il dialogo tra uomo e Dio, il dio in cui ciascuno crede. Accogliere l’invito di papa Francesco a pregare per la pace, perciò, ha molto senso, è l’unico invito che ha senso e vale per tutti gli uomini. La preghiera paradigmatica del cristiano, il Padre Nostro, è la forma più chiara e più bella di cosa significhi pregare: riconoscere Dio come Padre, presente in ogni luogo, riconosciuto come Santo e Signore, di cui bisogna costruire il Regno e fare la volontà, chiedendo pane, pacificazione, capacità di non cadere in tentazione. Questo paradigma vale per tutte le forme di dio; se l’illuminista credesse veramente e pregasse di fronte alla ragione, non potrebbe non accogliere l’invito di papa Francesco perché si costruisca la pace e non la guerra; ciò vale per tutte le altre religioni e per tutte le altre forme di pensiero, persino per la religione dell’indifferenza: cosa ne è di un io che non rimane in vita? Cosa ne è di un uomo, pur soggettivistico e narcisistico, che rischia di scomparire a motivo dei conflitti in corso? Cosa ne è di un io senza l’altro? Se ogni uomo, ogni giorno, tre volte al giorno per il cristiano, cinque volte al giorno per il musulmano, con altre modalità e riti per le diverse religioni, ogni uomo come tale ogni giorno trovasse la forza di confrontarsi con il proprio altro che è in lui, con quel punto di riferimento per il quale crede di spendere la propria vita, non potrebbe non raggiungere l’obiettivo concreto della pace, della giustizia, della condivisione, della solidarietà. Un uomo che non prega non ha futuro.

 

 

LA PAROLA E LA VITA

Un atto di amore che fa bene al corpo e allo spirito

di don Alfonso Giorgio

«Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi; Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà. Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare le grandi imprese; egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio. Gli domandai la ricchezza per possedere tutto: mi ha fatto povero per non essere egoista. Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me: egli mi ha dato l’umiliazione perché io avessi bisogno di loro. Domandai a Dio tutto per godere della vita: mi ha lasciato la vita perché potessi apprezzare tutto. Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiesi ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà. Le preghiere che non feci furono esaudite. Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini Nessuno possiede quello che io ho!» Questa intensa preghiera scritta da Kirk Kilgour, famoso pallavolista rimasto paralizzato nel 1976 a seguito di un incidente durante un allenamento, fu letta da lui stesso di fronte al Papa durante il Giubileo dei malati a Roma. L’ho scelta perché se da un lato può essere colta come un “grido” di dolore stemperato dall’accettazione della realtà, dall’altro mette in luce quelle che dovrebbero essere le giuste aspettative dell’orante: fidarsi di Dio e accogliere la Sua volontà anche quando si rivela contraria alla nostra volontà. Dopo la lettura di questa preghiera, sorgono numerosi interrogativi: perché una persona con disabilità, già provata dalla vita, dovrebbe pregare? Perché un uomo, una donna, in oriente, in occidente, al sud, al nord del mondo dovrebbero pregare? Perché pregare? Anche se queste possono apparire domande banali, si configurano invece come interpellanze esistenziali, perché fanno riferimento a quello che potremmo chiamare il substrato culturale di riferimento della persona, ma anche la tendenza innata in ogni essere umano ad affidarsi a “qualcuno”. Sin dalla nascita, infatti, noi gridiamo alla vita, desideriamo la vita, la gioia, la consolazione che vogliamo trovare sempre in qualcuno disposto a sostenerci. Nei primi giorni di vita quel “qualcuno” lo riconosciamo in quello che è il nostro caregiver, poi il nostro cuore si allarga e il “bisogno di Altro, del totalmente Altro che è Dio” si fa strada o, per meglio dire, si rivela dentro di noi attraverso gli interrogativi più profondi che sempre albergheranno le nostre dinamiche di comunicazione, di conoscenza e soprattutto il nostro inconscio. L’inconscio – così come scriveva Hillman, psicoanalista statunitense - è la porta che dobbiamo varcare per trovare l’anima. Esso fa degli esperimenti, delle esperienze che si riversano nell’anima; rende il pensiero limpido e chiaro quando le emozioni ci turbano ed è sempre attraverso l’inconscio che molti hanno trovato la via che porta all’amore ed alla Fede e sono riusciti ad afferrare in piccola parte ciò che è l’anima (cfr. James Hillman, Vita interiore: l’inconscio come esperienza, Zurigo 1967). Tutto il nostro essere, volenti o nolenti, è proteso verso Dio perché sentiamo come un richiamo dell’anima che ci sospinge e ci invita ad amarLo. Ecco perché preghiamo e sentiamo prima o poi la necessità di pregare: perché vogliamo amare ed essere amati. In questo senso, allora, la preghiera può essere colta come un vero e proprio slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia, così come ha fatto Kirk Kilgour attraverso la sua stupenda preghiera. Ma amiamo chi? Preghiamo per chi? Per cosa? È l’amore che ci sospinge poiché come sappiamo Dio è amore e chiama amore. Non possiamo fare a meno di ricordarcelo. Questa è la verità, anzi la Verità assoluta, che a noi si rivela in Gesù Cristo il quale si è autoproclamato “la via, la verità e la vita”. Ma Lui, intanto, può definirsi Verità in quanto ci ha amati fino alla croce. Ecco perché volgiamo lo sguardo su di Lui, perché ci ha “amati per primo” e si è fatto carico di tutte le sofferenze dell’umanità. Il Suo è un amore credibile perché ci ama al prezzo del Suo sangue. Ecco perché chi soffre può sentirsi amato e capito da Lui e sente di pregarLo e addirittura ringraziarLo. La solidarietà con chi soffre è evidente, vera e concreta. Ma nella preghiera dobbiamo sempre far attenzione a “non accettate nulla come verità che sia privo d’amore. E non accettate nulla come amore che sia privo di verità. L’uno senza l’altra diventa una menzogna distruttiva” (cfr. Edith Stein, Il problema dell’empatia, 1916). Quando ci relazioniamo con Dio nella preghiera dobbiamo presentarci a Lui nella verità “denudandoci”, cioè mettendo tutto il nostro essere di fronte alla Sua Immagine: grandezza; in parole semplici: “essere nella verità”. Che significa questo? Che anche quando siamo contrariati e non riusciamo ad accettare quello che ci capita, dobbiamo gridare a Dio con tutto il nostro dissenso così come fa Giobbe nelle sue terribili disavventure, per poi scoprire Lui che ci comprende e ci incoraggia con il Suo amore, rendendosi presente proprio in quelle situazioni terribili che viviamo e in ogni circostanza della nostra vita. Un’altra constatazione può essere fatta circa la verità della nostra preghiera. L’attingo al comando di Gesù: “amate Dio e amate il prossimo” (Mt 22,37-40). Il banco di prova del nostro amore per Dio, dunque, è il prossimo. Giovanni lo evidenzia bene quando dice che chi dice di amare Dio e non ama il prossimo è un mentitore (Gv 4,19-22). La nostra preghiera, quindi, sarà vera e gradita a Dio nella misura in cui sarà accompagnata dall’amore per Lui e per il prossimo. Edith Stein, nel suo capolavoro “Il problema dell’empatia”, ci invita a considerare l’importanza dell’amore e della verità nella nostra vita quotidiana. Secondo la Stein, l’amore e la verità sono come due facce della stessa medaglia e non possono esistere l’uno senza l’altro. L’amore senza verità può diventare “una menzogna distruttiva”. Quando l’amore è privo di verità, rischia di trasformarsi in manipolativo o ingannevole. Quindi, anche la preghiera può essere menzognera o quanto meno malsana, poiché verrebbe vissuta con fine utilitaristico, egoistico solo al fine di stare bene per se stessi e basta, non quale atto di amore vero e sincero verso Dio e verso il prossimo. Se amo e mi sento amato “nella verità” non posso non amare Colui che è la Verità, non posso vivere senza il Suo amore e questo mi rende consapevole che l’unico modo per stare vicino a Colui che amo è parlargli con il cuore, cioè pregare. Non posso non rivolgermi a Dio nella preghiera perché è nella preghiera che lo sento vicino e il Suo amore per me diventa tangibile e palpabile. L’esperienza del Giubileo che vivremo nel 2025 diventa per tutti un’occasione per dare spazio alla preghiera individuale e comunitaria; ecco perché papa Francesco auspica che per quest’anno, in preparazione al Giubileo, ci si impegni ad alimentare «una grande “sinfonia” di preghiera. Anzitutto per recuperare il desiderio di stare alla presenza del Signore, ascoltarlo e adorarlo». Alla luce di quanto detto, comprendiamo che pregare non è affatto tempo perso e sicuramente non fa male a nessuno, anzi recenti ricerche parlano della preghiera come una medicina: un balsamo del corpo e dello spirito. La scienza ha ampiamente dimostrato che la pratica religiosa può influire benevolmente sullo stato di salute, favorendo la guarigione e proteggendo non poco dalle malattie. Fra i primi ricercatori ad averne parlato c’è un cardiologo americano dell’Università di Harvard, Herbert Benson, che sin dagli anni Settanta ha ipotizzato per la preghiera la stessa azione biochimica prodotta dalle tecniche del rilassamento: abbassamento della pressione sanguigna, riduzione del ritmo cardiaco e allentamento della tensione muscolare. Pregare allora fa bene al corpo e allo spirito. Non trascuriamo la nostra relazione d’amore con Dio! Quando noi sentiamo nel nostro cuore: “Vorrei essere più buono... sono pentito di quello che ho fatto” è proprio il Signore che bussa. Ti fa sentire questo: la voglia di essere migliore, la voglia di rimanere più vicino agli altri, a Dio. Se tu senti questo, fermati. Il Signore è lì.

 

 

 

 

 

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