Copertina: Folla di persone (in questo caso stilizzate) che, pur anonime camminano insieme, "fraternamente" con lo sfondo di un mondo pur ormai completamente cambiato globalmente dalla tecnologia.

“Camminare insieme per costruire fraternità” 
XVIII Congresso del MAC

Luce e Amore Anno LXXII - N. 1 Gennaio/Marzo 2022
Pubblicazione trimestrale del Movimento Apostolico Ciechi

 

“Come i magi, alziamo il capo,
ascoltiamo il desiderio del cuore,
seguiamo la stella che Dio fa
splendere sopra di noi. E come
cercatori inquieti, restiamo aperti
alle sorprese di Dio. Fratelli e sorelle,
sogniamo, cerchiamo, adoriamo”. 

Papa Francesco 

 

SOMMARIO

◼︎EDITORIALE

- La forza della parola e il senso di un Congresso
di Francesco Scelzo

 

◼︎SPECIALE XVIII CONGRESSO DEL MAC
70 anni dopo l’erezione in Ente Canonico e 60 anni dopo il 1° Congresso Nazionale
Camminare con l’altro, la missione e la visione del MAC

- -Intervista a Salvatore Nocera a margine del Congresso
di Francesco Maugeri

- -Promotori di una cultura dell’inclusione e della vicinanza verso i più svantaggiati
di don Alfonso Giorgio

- -Camminare insieme per costruire fraternità
Relazione del presidente al XVIII Congresso
di Michelangelo Patané

- -Un incontro per condividere le nostre storie e il nostro cammino
mons. Stefano Russo

- La stagione della speranza nel tempo dei muri e della paura, nel tempo di “Babele” 
card. Francesco Montenegro

- - Camminare insieme per costruire fraternità
Il Documento Finale del XVIII Congresso MAC

- - Consiglio Nazionale del MAC per il quadriennio 2021-2025

 

 

Editoriale

di Francesco Scelzo 

La forza della parola e il senso di un Congresso

Foto di partecipanti al congresso scelta per l'editoriale della rivista

Parola, libertà e possibilità definiscono l’uomo e lo differenziano da ogni altro essere del creato. Al pari dell’uomo, parola, libertà e possibilità portano con sé una connotazione di ambiguità: forza e debolezza, libera scelta e arbitrio, potere di agire e patologia dell’impossibilità, possibilità e vincoli. La parola, spesso, finisce col diventare chiacchiera: il veicolo della comunicazione si svuota e diviene una “babele”. Il significato della libertà assume il carattere dell’arbitrio: la grandezza dell’uomo, creato per esercitare la responsabilità e contribuire alla creazione, si trasforma in arbitrio che distrugge e uccide. La chiamata al governo del creato attraverso l’incontro delle differenze, in primo luogo nella relazione maschio-femmina che si estende a tutte le relazioni, spesso si trasforma in dominio dell’altro, in sottomissione e in abuso di persone e risorse.

L’ambiguità non va considerata come un valore, né come un valore negativo; è un dato. L’ambiguità apre l’uomo a un’azione simbolica o a un’azione diabolica: l’uomo può separare per unire o separare per fratturare, dividere. La grandezza dell’uomo e la sua fragilità sta in ciò: ha la libertà per scegliere di costruire unità o frantumare ogni legame; ha la libertà di comunicare con la parola per costruire un legame o di parlare senza dire nulla, per svuotare la relazione di ogni senso; può esercitare l’arte di governo per modificare l’ambiente ed evolvere nella storia o esercitare il dominio per sottomettere e distruggere. La grandezza e la debolezza dell’uomo si esprimono entrambe nell’uso della parola, della libertà e del potere. Tale uso è sempre combinato per tutte e tre le connotazioni umane e attraverso l’esercizio di esse l’uomo entra in relazione con gli altri e con l’altro, con tutto il creato.

Nel nostro tempo l’uso della parola è diventato elemento fondamentale e pervasivo più che in ogni altro tempo; le vie di comunicazione si sono moltiplicate ed è possibile entrare in contatto e parlarsi da ogni distanza e da ogni punto del pianeta; è possibile entrare in contatto in ogni momento della giornata e con modalità differenti. L’intermediazione di uno strumento elettronico, tecnologico è di per sé un elemento che, frapponendosi, modifica spesso il contenuto e il senso della comunicazione. Il contesto sociale, il luogo in cui si scambiano parole può dare senso e significato ad esse.

Dopo la settimana durante la quale i mezzi di comunicazione ci hanno consentito di prendere parte ad un convulso scambio di parole tra i nostri parlamentari chiamati ad eleggere il presidente della Repubblica, Massimo Recalcati ha scritto un articolo molto significativo sul peso della parola sottolineando che la parola ha un suo statuto ed è uno statuto diverso da quello della chiacchiera. Sostiene che lo statuto della parola e quello della chiacchiera vengono colpevolmente confusi nel nostro tempo e in ciò la politica ha le sue responsabilità e la distinzione tra l’una e l’altra non è banale. “La chiacchiera è senza peso, vuota, irresponsabile”, scrive ancora Recalcati, e aggiunge “La parola implica invece l’esistenza di un peso. Non assomiglia ad un vento che segue una direzione incerta, ma ad una lama che taglia e lascia il segno. … La parola … porta con sé la responsabilità della risposta”. La parola, pertanto, implica l’esercizio di libertà e potere, è, cioè, strettamente connessa con gli atti da dove e perché nasce. La Genesi, come tutta la cultura ebraica, riconosce alla parola la forza creatrice; è Dio stesso, è Dio che crea. In questo senso anche l’uomo, creato a immagine di Dio, ha la forza della parola che le deriva dalla ruah, che noi traduciamo spirito o, meglio, potenza fremente o anche soffio. L’uomo abitato dalla ruah è capace di parole, di libertà e di potere e ne è responsabile.

Riconoscere alla parola uno statuto esige di collocarla istituzionalmente in una ritualità, esige di darle formale dignità. Ciò, spesso, nel nostro tempo viene dimenticato e, forse, deliberatamente escluso. Ricorre spesso, nella quotidianità, la convinzione che convegni, congressi, conferenze siano perdita di tempo e spazio di chiacchiera. Persino gli intellettuali, come si è potuto sperimentare negli ultimi mesi, rinunciano o dimenticano lo statuto della parola e scadono in un uso di essa adolescenziale, come scrive Recalcati.

Il MAC, come altre istituzioni, celebra ancora, e con orgoglio, il Congresso; ha celebrato il XVIII Congresso. Ha un significato ed un senso forte parlare di congresso e anche del numero di congressi e anche accompagnare questo con un numero; il numero progressivo ricorda il cammino, l’avanzamento che nel tempo ha significato ciascun congresso che si è succeduto, l’uno dopo l’altro, perché radunarsi in congresso significa incontrarsi per confrontarsi in un contesto ben preciso, con regole e modalità proprie, con parole proprie per definire “il comune avanzare, il comune ascendere insieme gradino dopo gradino”.

Le parole di un congresso impegnano, portano con sé la responsabilità di una risposta perché esse sono strettamente connesse agli atti che dovranno esprimerle nel tempo, dovranno diventare testimonianza, perché la parola ha un peso.

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