Il Tema associativo 2018/2019 è  "La Famiglia eredità per il futuro del MAC e della Chiesa".  

Quest’anno la nostra associazione presenta un sussidio semplice ma ben articolato e soprattutto molto caratterizzato, in senso associativo. 

Il tema predominante è la Famiglia. Vogliamo riflettere sulle dinamiche famigliari e particolarmente sulla vita di quelle famiglie che fanno l’esperienza di un figlio con disabilità. Tutti noi, infatti, siamo inseriti e facciamo parte di una famiglia e la stessa nostra associazione si inserisce in quel percorso ecclesiale che vede la stessa Chiesa “famiglia di famiglie”. In una associazione poi, il clima di famiglia, senza dubbio, favorisce amicizia, accoglienza e solidarietà fraterna.

Nelle pagine c’è molta vita associativa, molti riferimenti al carisma specifico del MAC, oltre che tanti spunti per la riflessione e formazione nei Gruppi. Il sussidio è rivolto agli adulti, che sono la maggior parte dei nostri associati, ma anche ai più giovani e quelli più anziani, ai singoli, alle coppie, che vogliono riflettere sul tema della famiglia cristiana. è uno strumento formativo pensato per tenere tutte insieme le fasce di età, e le diverse condizioni della vita adulta nell’associazione.

La famiglia eredità per il futuro del MAC e della Chiesa Tutta la vita del credente è un cammino. Così, anche la famiglia cristiana si muove lungo i sentieri tracciati dal Signore attraverso la Sua Chiesa.

Quando due giovani sposi si uniscono in matrimonio è proprio lì, in quel momento, che il Signore si mette accanto a loro, per accompagnarli e sostenerli nel percorso di crescita nell’amore di Dio e del prossimo. La famiglia diventa così il segno paradigmatico del cammino dei credenti e dei nostri amici del MAC: “a due a due”. Un percorso di vita e di fede che è reso fecondo proprio dalla presenza di Cristo e dal dono dei figli, nel contesto dell’amore di coppia.

Il percorso proposto nel sussidio formativo comprende cinque tappe:

[…]In una famiglia, quando nasce un figlio, questo è un grande evento, un dono atteso, ma non si è sempre pronti di fronte alla disabilità. Fin dalla gravidanza, la preparazione psicologica al nuovo nato comporta, più o meno inconsciamente, il desiderio di un bambino perfetto, che assume il carattere di unicità o diviene oggetto di moltissimi investimenti genitoriali. Il nascituro diventa tanto più figlio, quanto più la sua dimensione reale apparirà corrispondente alle aspettative dei genitori, desiderosi di rispecchiarsi in lui e di godere della coerenza tra le immagini fino a quel momento fantasticate e quelle realmente osservate. Il figlio così sembra diverso, uno “straniero”. Anche Gesù è stato percepito come un straniero dai due discepoli.

È normale quando si è presi dallo scoraggiamento e dalla delusione.

Ma un figlio è realmente un dono, anche un figlio con disabilità. Anzi le testimonianze di molti genitori confermano che, nonostante le difficoltà, il proprio figlio viene accolto sempre come un grande dono di vita e di fede.

I Padri - al Sinodo per la famiglia - hanno dedicato speciale attenzione anche «alle famiglie delle persone con disabilità, in cui l’handicap, che irrompe nella vita, genera una sfida, profonda e inattesa, e sconvolge gli equilibri, i desideri, le aspettative. […]

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 […] La tenerezza dei genitori verso i figli è il più grande segno di Amore del Padre verso ogni creatura. I figli si aspettano dai genitori tanto amore e gli stessi genitori si sentono confermati, nel loro amore quando vengono ricambiati con la stessa tenerezza. Ma la genitorialità esercitata verso un figlio disabile, in genere, è densa di apprensione ed è sbilanciata emozionalmente. Il rischio che si corre, in questi ambiti, è quello di non riuscire a fare un giusto discernimento circa gli atteggiamenti da avere e le scelte educative da compiere; due sono, in genere, le derive comportamentali: una genitorialità che può divenire troppo oblativa o troppo distanziante.

Si può esprimere con picchi di ansia o con aspettative grandiose, al di là di ogni possibilità, verso un figlio/a dal quale invece, si dovrebbe far emergere tutto il meglio di cui lui/lei è in possesso.

La genitorialità verso un bambino disabile dovrebbe essere rinforzata in quella che potremmo chiamare attitudine dell’assertività e dell’affettività senza scadere negli eccessi che danno, per esito, bambini disabili educati con standard severi, o, al contrario, bambini che sviluppano costantemente delle pretese. Si osservano casi di bambini disabili che sono stati spinti oltre i loro limiti, da genitori esigenti ed educatori accondiscendenti: pretendono di essere perfetti e molto precisi. Oppure ci sono ragazzi disabili a cui è stato sempre concesso tutto e che pretendono che tutto il mondo giri intorno a loro. Bisogna sempre fare un’analisi della situazione e discernere, per scegliere ciò che è giusto e utile per i singoli soggetti. […]

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  • TERZA TAPPA
    Vita fraterna e contesti educativi in Famiglia

    "È sempre una questione di amore, non c’è un’altra strada. La vera sfida è quella di chi ama di più... Quante persone disabili e sofferenti si riaprono alla vita appena scoprono di essere amate! E quanto amore può sgorgare da un cuore anche solo per un sorriso!"

[…] La vera fraternità tra i credenti è carità, amore vero e sincero, vera solidarietà che passa tra tutti i membri della fraternità. La Chiesa è “un corpo”. E questo ha delle conseguenze: “Se una parte del corpo soffre, tutte le altre soffrono con essa” (v. 26). è veramente sorprendente! Anche nel nostro corpo umano è così. Se qualcuno ha un mal di testa, tutta la sua persona ne risente. Finché i cristiani non capiscono questa fraternità e non vengono educati a questo amore reciproco in tutti gli ambiti della vita: famiglia, parrocchia, associazione, vita sociale in genere, il “corpo” non può funzionare bene. E tutti ne soffrono. Se al contrario “una parte, invece, è onorata, tutte le altre ne sono felici” (v. 26).

Va precisato che la disabilità non è necessariamente debolezza o sofferenza.

Infatti può capitare a tutti di ritrovarsi in una situazione di svantaggio.

Nella famiglia, come anche nella società, ogni persona nel corso della vita, può incappare in condizioni di salute tali da renderla disabile soprattutto se inserita in un ambiente negativo. “Questo significa che tutti possiamo diventare disabili, in alcuni contesti e, che il disabile può non essere tale in altri” (E. Ghedin, Benessere disabili. Un approccio positivo all’inclusione, Liguori Editore, Napoli, 2009).

Importante è creare ambienti fraterni dove la carità, intesa come amore vero e sincero, è in grado di modificare i contesti e facilitare quelle necessarie interazioni persona-ambiente, oltre ad un naturale miglioramento delle relazioni, ad ampio raggio, con concrete possibilità di crescita e nuove opportunità educative.

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  • QUARTA TAPPA
    L’apostolicità del MAC al servizio della Chiesa, profezia della debolezza

    "Ecco due culture opposte. La cultura dell’incontro e la cultura dell’esclusione, la cultura del pregiudizio, perchè si pregiudica e si esclude. La persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro: l’incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e l’incontro con gli altri, con la comunità. In effetti, solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire relazioni fraterne e solidali, nella Chiesa e nella società”.

[…] Un atteggiamento tipico e purtroppo, ancora oggi molto diffuso, è quello di attribuire alle persone con disabilità un ruolo di sofferenza dovuta e di discriminarli rispetto agli altri. Quello che noi dovremmo assumere, invece, è un atteggiamento solidale e fraterno, con la consapevolezza che, al mondo, siamo tutti uguali, tutti di creta, tutti nel cuore di Dio allo stesso modo, perché nel Suo Cuore misericordioso non c’è mai preferenza di persona. “Nella Chiesa, la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati”. (FRANCESCO, Udienza generale del 29.5.2013). Questo è il vero tesoro che ci fa preziosi ai suoi occhi e agli occhi di tutti. […]

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  • QUINTA TAPPA
    Il futuro della Famiglia, chiamata alla santità, in comunità e nel mondo

    "...Fare della famiglia una speciale comunità di vita e d’amore...ogni nucleo familiare cristiano è chiamato ad essere ‘chiesa domestica’, per far risplendere le virtù evangeliche e diventare fermento di bene nella società. I tratti tipici della Santa Famiglia sono: raccoglimento e preghiera, mutua comprensione e rispetto, spirito di sacrificio, lavoro e solidarietà.”

[…] la persona con disabilità non è solamente colei al quale si dà; impegno della comunità per il futuro stesso della persona e della sua famiglia è che deve essere aiutata a divenire anche colei che dà, e nella misura di tutte le possibilità proprie. Un momento importante e decisivo nella formazione sarà raggiunto quando la persona avrà preso consapevolezza della sua dignità, e dei suoi valori, e si sarà reso conto che ci si attende qualcosa da lei e che effettivamente può e deve contribuire al progresso e al bene della sua famiglia e della comunità.

Pertanto le persone con disabilità nella Chiesa e nella società dovranno divenire non solo destinatarie dell’annuncio del Vangelo, ma esse sono a loro volta testimoni di Gesù Risorto (Cfr Statuto del MAC) con la propria vita e missione di quel Vangelo che dà gioia e libera dai pregiudizi chi lo annuncia e chi lo riceve. La loro disabilità, redenta dalla Morte e Resurrezione di Gesù, le rende missionarie a livello immediato, intuitivo e non riflesso dei veri valori dell’umanità: fiducia, solidarietà, diaconia, condivisione, ascolto, accettazione, interdipendenza, immediatezza, fratellanza, gioia, amore.

Non sono sbagli di creazione. Hanno un loro compito, non ultimo quello di smentire costantemente un comodo aggiustamento filisteo con l’egoismo e il benessere, richiamando l’orgoglio e la presunzione a una misura più vera. Perché “uno dei fondamentali obiettivi di questa rinnovata e intensificata azione pastorale...è di considerare il disabile non semplicemente come termine dell’amore e del servizio della Chiesa, bensì come soggetto attivo e responsabile dell’opera di evangelizzazione e di salvezza” (Christifideles Laici, cap. IV, n.54). […]

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